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LA STRADA DEI SOGNI a cura di: Giorgio Albanesi, Agnese Cerbai, Ado Grilli 23 x 21 ill.a Colori pp. 62

€ 8,00 Collana Arte n. 5 2016

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA STRADA DEI SOGNI

In effetti, quando si parla di sogno si pensa a qualcosa di molto distante dalla realtà, che non sarà possibile realizzarlo perché mancano i mezzi, il tempo, la distanza e tante altre cose molto vere.
Il sogno è definito come una speranza o un desiderio vano, e inconsistente, mentre il reale è ciò che ha effettiva esistenza, che ha una concretezza oggettiva.
Ma, nonostante questa oggettiva realtà, il sogno fa parte della nostra realtà, e quando nella nostra vita non ci sono più sogni tutto si appiattisce.
Forse siamo anche più efficienti, più adeguati, ma senza vitalità, con poco interesse, con poca curiosità, con poca energia.
Negli incontri con le persone che, in vario modo, manifestano un disagio psichico, questo tema è molto spesso presente, ma non sempre ce ne rendiamo conto.
Così, ci può essere il sogno maniacale di realizzare una grande impresa o di sposare una bellissima attrice, il sogno di avere un lavoro e un’automobile, oppure di cambiare città per non essere più controllato dalle persone che mi perseguitano, o ancora il sogno in cui il mondo funzioni bene senza ingiustizie e soprusi. In questi casi, il sogno si infrange sulla realtà in modo tale che non ne rimane niente, la realtà non si modifica per nulla, e rimane solamente il senso di delusione e frustrazione.
Nei progetti di riabilitazione questa prospettiva raramente viene considerata, nel senso che si parte per lo più da un modello di comportamento, di accettazione delle regole, a cui si cerca di fare aderire la persona. Prospettiva sicuramente importante e direi anzi indispensabile per ogni progetto che sia realmente terapeutico.
Ma nei programmi terapeutici dei nostri pazienti non parliamo mai dei sogni.
La parola che è diventata punto di riferimento in tutti gli interventi riabilitativi è progetto:
Progetto terapeutico, Progetto Riabilitativo, Progetto Individualizzato.
Su questo concetto ci misuriamo costantemente tra operatori e con i pazienti, con i familiari e con altre agenzie di assistenza, e va considerato un'importante progressione verso l’individuazione delle individuali necessità e possibilità di progressione di ogni singola persona con patologie psicopatologiche, superando il rigido concetto di intervento terapeutico presente in precedenza nei centri diurni e nelle altre strutture riabilitative.
In questo senso, la riabilitazione psichiatrica, ha avuto grandi meriti e grandi successi nel recente passato in situazioni di soggetti con prolungate istituzionalizzazioni o di grave ritiro sociale, ma deve ora adeguarsi alle richieste che ci vengono dai nuovi pazienti, con esigenze più differenziate rispetto al passato, con necessità di mantenere più che riprendere il contatto con gli altri, di sviluppare competenze e abilità differenti per ognuno.
Come unire il progetto al sogno?
Con percorsi di andata e ritorno, dal sogno al progetto, e poi dal progetto al sogno, mantenendo vitale l’idea della progressione, senza avvallare sogni irrealizzabili ma con progetti che possano avvicinare la persona al proprio sogno, che va in primo luogo conosciuto. Quindi che il sogno non sia attesa inoperosa e inconcludente che un bel giorno si realizzi la propria idea, ma stimolo a raggiungere i primi obiettivi per realizzarlo.
Un segno di questo cambiamento è l’evoluzione dei Laboratori riabilitativi che si sta verificando negli ultimi anni in tanti Centri Diurni e strutture riabilitative, che stanno diventando non solo e non tanto luoghi di intrattenimento, ma strumenti di progressione, verso autonomia e competenza, e anche spazio di conoscenza dei sogni, delle emozioni, delle angosce dei nostri pazienti, anche in modo meno strutturato e razionale del tradizionale colloquio.
Il laboratorio di arteterapia che è stato realizzato l’anno scorso presso il Centro Diurno “L’Oasi” di Venturina è uno stupendo esempio di questo percorso.
Per entrare in questa prospettiva, si propongono in questa sede alcuni elaborati, disegni e commenti, effettuati dai partecipanti durante gli incontri con la psicologa Agnese Cerbai, che con competenza e passione ha progettato e realizzato il laboratorio di Arteterapia.
Non è una riproposizione lineare del lavoro fatto, non può esserlo; queste pagine si possono solo leggere come spunti di emozioni, fantasie, appunto sogni, che sono emersi con vivacità e elaborati in un contesto appropriato.
Un'altra modalità espressiva che porta a far emergere le emozioni si ritrova sicuramente nelle poesie.
Nelle poesie di Mauro Canduzzi, riportate nella seconda parte del libro, si ritrovano molti aspetti presentati nella parte precedente, di cui costituiscono un completamento e un integrazione interessante. A volte con un sorriso, altre volte con un velo di malinconia, negli scritti di Mauro Canduzzi si possono ritrovare le delusioni, le angosce, le aspettative ed anche i sogni, con un modo meno stereotipato di vedere la realtà rispetto a quello a cui siamo abituati.
Uno scritto in particolare sembra il collegamento ideale tra le due parti, quando si dice che «Diventare uomo significa uscire a testa alta dalla strada dei sogni», che può essere un invito a fare incrociare la strada dei sogni con il percorso del progetto.

I sogni possono così contribuire a dare la direzione dei nostri progetti.

Dr. Giorgio Albanesi


Progetto di arteterapia

a cura della Dr. ssa Agnese Cerbai

 

 

Presupposti teorici: cosa è l’arteterapia

L’arteterapia consiste nella ricerca del benessere psicofisico attraverso l’espressione artistica dei pensieri, vissuti ed emozioni.
Essa stimola le potenzialità di elaborare creativamente tutte quelle sensazioni che non si riescono a far emergere con le parole e nei contesti quotidiani.
Per mezzo dell’azione creativa l’immagine interna diventa immagine esterna, visibile e condivisibile e comunica all’altro il proprio mondo interiore emotivo e cognitivo.
L’arte permette un’espressione diretta, immediata, spontanea ed istintiva di noi stessi che non passa necessariamente attraverso l’intelletto, offre molte opportunità di auto-rivelazione e crescita, stimolando – in modo assolutamente rispettoso delle proprie difese – scoperte su di sé e sul proprio modo di vedere e percepire il mondo e le relazioni con esso.
La possibilità di veicolare attraverso l’espressione artistica i propri vissuti emotivi dà l’opportunità di accettarli, prima, e poterli riconoscere e nominalizzare, poi: passaggi necessari per poter giungere ad una integrazione tra diversi domini di conoscenza (quella semantica e logica e quella emotivo immaginativa) e ad una più chiara costruzione di sé come persona che pensa e sente.
Colui che fa fatica ad utilizzare il linguaggio verbale, che ha difficoltà cognitive, emotive o relazionali, può esprimere se stesso attraverso il movimento, i suoni, il colore, le forme, i disegni: è dunque un intervento di aiuto e di sostegno a mediazione non-verbale attraverso l’uso di materiali artistici che tende ad attivare diverse modalità di comunicazione che danno la possibilità di percepirsi, da parte di chi ne usufruisce, come individuo capace di fare e di esprimere, in un contesto di relazione e confronto con il gruppo in cui è inserito.
L’atto del creare presuppone, anche nella produzione di una piccola opera, imparare ad accettare l’imprevedibile senza sentirsi sopraffatti, utilizzare eventuali “errori” ed accoglierli nella propria creazione senza giudicarli.
Contemporaneamente, esso rappresenta un feed-back positivo sulle proprie possibilità creative e produce un senso di autostima e riconoscimento/accettazione di sé.
I prodotti artistici non devono mai subire interpretazioni esterne, il significato è sempre personale, e va ricercato attraverso il colloquio, cosicchè sia il paziente stesso ad individuare il giusto messaggio della propria creazione.
L’arteterapia comprende vari tipi di attività espressive: le arti visive (disegnare, colorare modellare, utilizzare fotografie o filmati), la musica (ascoltata o prodotta), la danza (intesa non come disciplina ma come movimento spontaneo), il teatro e la narrazione letteraria (che permettono l’intreccio di finzione/realtà, persona/personaggio).

Dr.ssa Agnese Cerbai

 

 

 
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