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PREFAZIONE
È uno studio prezioso, questo di Niccolò Fallani,
dedicato a Ragazzi di vita, in quanto si focalizza su unopera
importante di Pier Paolo Pasolini, spesso classificata dalla
critica semplicisticamente come romanzo romano. Si
tratta infatti della prima prova narrativa di un certo spessore
pubblicata dallautore dopo il suo arrivo a Roma nel 1950,
una volta abbandonato luniverso incontaminato
e agreste del Friuli materno. Prima e contemporaneamente alla
stesura di Ragazzi di vita, Pasolini lavora a una serie di racconti
e abbozzi di ambientazione romana poi confluiti nelle pagine
di Alì dagli occhi azzurri, uscito presso Garzanti nel
1965. Qui ritroviamo molte narrazioni dei primissimi anni Cinquanta,
disseminate di tanti ragazzi di vita assai simili
a quelli che conosciamo come protagonisti del romanzo.
Fallani ricorda giustamente che è inutile ricercare in
Ragazzi di vita una coerenza narrativa, da romanzo-tipo,
dotata di una sua organicità, innanzitutto perché
il testo pubblicato in forma definitiva non è quello che
Pasolini avrebbe voluto (lo aveva scritto in modo più
crudo e violento) e poi perché
si tratta della tessitura di molto materiale narrativo
preesistente, svolto anche in forma di appunti, come è
quello che è confluito in Alì. Ragazzi di vita
appare, quasi come lIliade e lOdissea, il risultato
di una fine operazione di tessitura e cucitura,
operato in questo caso dallautore e non da rapsodi ai quali
è stato dato il demiurgico nome di Omero.
Il lavoro di Fallani si srotola in varie direzioni: partendo
da unanalisi narratologica di Ragazzi di vita, attuata
(anche) tramite la cassetta degli attrezzi offerta
da Gérard Genette e utilizzata dallo studioso francese
per una importante analisi della Recherche proustiana, lattenzione
dellautore si rivolge successivamente alle voci nel testo,
prendendo in considerazione soprattutto la struttura del discorso
indiretto libero nelle pagine pasoliniane. Per forza di
cose, lanalisi di Fallani prende in considerazione anche
lutilizzo del romanesco attuata da Pasolini rilevando come,
sia nei pensieri stessi e nelle voci dei ragazzi sottoproletari
che nel modo in cui essi si esprimono, la voce dellautore
svolga un ruolo fondamentale. Insomma, Pasolini non sparisce
mai, il suo pensiero non si riduce mai a zero perché,
come scrive Fallani, «il discorso indiretto libero è
unestetica contaminazione dello stile del narratore con
il gergo dei ragazzi». Il romanesco di Ragazzi di vita
non è semplicemente e soltanto quello della strada ma
è filtrato dalla cultura dellautore. Daltra
parte, anni dopo Pasolini svolgerà unoperazione
simile traducendo il Miles gloriosus di Plauto in un romanesco
da avanspettacolo: il Vantone, infatti, è il risultato
di un complesso filtraggio del dialetto realizzato per mezzo
di strumenti teatrali. Ciò che leggiamo nella resa pasoliniana
è né più né meno che una lingua pensata
e progettata per il teatro, per lavanspettacolo.
Lattenzione rivolta da Fallani alle voci di Ragazzi di
vita, al complesso e intricato sovrapporsi di voce autoriale
e voci popolari dei ragazzi, alla mescolanza ambigua
e affascinante fra pensiero colto e pensieri più istintivi
dei protagonisti (come se Pasolini, assistendo a mille chiacchierate
fra ragazzi sottoproletari, avesse voluto restituirle sulle sue
pagine con la sua mente mossa dal grande amore che provava per
loro, schierandosi sempre dalla loro parte) nonché alla
complessa stratificazione dellopera, mi sembra uno dei
(molti) punti di forza di questo lavoro. La voce dei sottoproletari,
una voce che quasi diviene corpo essa stessa, è infatti
assai importante nel libro: non dobbiamo dimenticare che in Ragazzi
di vita i giovani protagonisti si esprimono spesso per mezzo
delle canzoni popolari, inserite nel testo sotto forma di lacerti
poetici (in questo modo, il romanzo si presenta come un interessante
prosimetro, una delle caratteristiche di matrice menippea riscontrabili
non solo nel romanzo in questione ma nellintera opera pasoliniana).
Il canto si trasforma in grido, si trasforma in puro suono (come
quel suono che arava col suo rombo lorizzonte
che chiude il romanzo o lurlo pazzo di dolore
della scavatrice nella poesia Il pianto della scavatrice, da
Le ceneri di Gramsci) e, in definitiva, si trasforma in corpo.
Perché la dimensione fisica e corporea è di estrema
importanza in Ragazzi di vita come in pressoché tutte
le opere di Pasolini, dalle poesie alla narrativa fino al teatro
e al cinema. I corpi picareschi dei ragazzi
che, nella loro diversità e pluralità, costituiscono
essi stessi un unico corpo si uniscono a uno sfondo anchesso
corporeo: la città di Roma, con le sue borgate e i suoi
quartieri che nascono e crescono insieme ai ragazzi (ad esempio,
letà del Caciotta viene assimilata a quella dei
quartieri di periferia, che serve come punto di riferimento per
determinare gli anni dei personaggi), gli sfondi e i panorami
che, quasi apparizioni apocalittiche, si aprono come baratri
allorizzonte, oggetto di descrizioni contemporaneamente
estetizzanti e realistiche. Ed è proprio sulla complessità
e sulla connessione e ibridazione di tanti corpi che lo studio
di Fallani offre diversi spunti inediti e interessanti.
Paolo Lago
A cinquantanni dalla morte di Pier Paolo Pasolini, la
sua voce continua a rappresentare, nel miglior modo possibile,
le periferie del mondo.
Ragazzi di vita, in questo senso, rappresenta una delle sue opere
più vive e scandalosamente attuali: un af-fresco di borgate,
povertà e innocenza bruciata, in cui le vicende sono tanto
frammentate quanto le voci e le vite dei personaggi.
Questo libro sembra esser nato esat-tamente per farci riflettere
su come il mondo di oggi sia in parte cambiato e in parte immutato.
Le crepe del realismo, infatti, sono più presenti che
mai e le figure marginali descritte dal gran-e regista e scrittore
risultano contemporanee.
Analizzare Ragazzi di vita, come ha fatto Fallani, da un punto
di vista concettuale, narratologico e stilistico, significa interrogarsi
su chi siamo diventati: sulle nostre città, sui nostri
ragazzi e sul bisogno sempre urgente di uno sguardo capace di
vedere oltre la superficie.
Possiamo quindi vivere questo libro come un omaggio, ma anche
come un dialogo, da autore ad autore, in onore dellanniversario
di un artista che è stato in grado di trasformare la decadenza
in arte.
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