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EAN 9788866153276
PASOLINI

E RAGAZZI DI VITA

. LA PUREZZA IMPOSSIBILE
Niccolò Fallani
pp. 92 A5 anno 2026 € 10,00

Collana Saggi & Studi n. 41
In uscita a gennaio 2026

L'autore, Niccolò Fallani, è nato a Livorno nel 2001. Si è laureato in Lettere Moderne, curriculum comparatistico, e poi in Italianistica, curriculum critica letteraria, all’Università di Pisa.
Attualmente lavora come redattore editoriale e si occupa, come studioso, del rapporto fra letteratura e impegno civile.
Laureato in Lettere e Italianistica, è a oggi attivo non solo in società, ma anche nel suo studio. Di fatto, questo è il suo secondo libro: il primo, Se consideri le età, è un romanzo.
Ma adesso, in onore del cin-quantesimo anno della scomparsa del grande artista Pier Paolo Pasolini, l'autore, amante lui stesso delle sue opere, ha deciso di met-tere in stampa un nuovo libro, un nuovo testimone.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PASOLINI E "RAGAZZI DI VITA" .LA PUREZZA IMPOSSIBILE

 

PREFAZIONE

 

È uno studio prezioso, questo di Niccolò Fallani, dedicato a Ragazzi di vita, in quanto si focalizza su un’opera importante di Pier Paolo Pasolini, spesso classificata dalla critica semplicisticamente come “romanzo romano”. Si tratta infatti della prima prova narrativa di un certo spessore pubblicata dall’autore dopo il suo arrivo a Roma nel 1950, una volta abbandonato l’universo ‘incontaminato’ e agreste del Friuli materno. Prima e contemporaneamente alla stesura di Ragazzi di vita, Pasolini lavora a una serie di racconti e abbozzi di ambientazione romana poi confluiti nelle pagine di Alì dagli occhi azzurri, uscito presso Garzanti nel 1965. Qui ritroviamo molte narrazioni dei primissimi anni Cinquanta, disseminate di tanti “ragazzi di vita” assai simili a quelli che conosciamo come protagonisti del romanzo.
Fallani ricorda giustamente che è inutile ricercare in Ragazzi di vita una coerenza narrativa, da “romanzo-tipo”, dotata di una sua organicità, innanzitutto perché il testo pubblicato in forma definitiva non è quello che Pasolini avrebbe voluto (lo aveva scritto in modo più ‘crudo’ e ‘violento’) e poi perché si tratta della ‘tessitura’ di molto materiale narrativo preesistente, svolto anche in forma di appunti, come è quello che è confluito in Alì. Ragazzi di vita appare, quasi come l’Iliade e l’Odissea, il risultato di una fine operazione di ‘tessitura’ e ‘cucitura’, operato in questo caso dall’autore e non da rapsodi ai quali è stato dato il demiurgico nome di Omero.
Il lavoro di Fallani si srotola in varie direzioni: partendo da un’analisi narratologica di Ragazzi di vita, attuata (anche) tramite la “cassetta degli attrezzi” offerta da Gérard Genette e utilizzata dallo studioso francese per una importante analisi della Recherche proustiana, l’attenzione dell’autore si rivolge successivamente alle voci nel testo, prendendo in considerazione soprattutto la struttura del “discorso indiretto libero” nelle pagine pasoliniane. Per forza di cose, l’analisi di Fallani prende in considerazione anche l’utilizzo del romanesco attuata da Pasolini rilevando come, sia nei pensieri stessi e nelle voci dei ragazzi sottoproletari che nel modo in cui essi si esprimono, la voce dell’autore svolga un ruolo fondamentale. Insomma, Pasolini non sparisce mai, il suo pensiero non si riduce mai a zero perché, come scrive Fallani, «il discorso indiretto libero è un’estetica contaminazione dello stile del narratore con il gergo dei ragazzi». Il romanesco di Ragazzi di vita non è semplicemente e soltanto quello della strada ma è filtrato dalla cultura dell’autore. D’altra parte, anni dopo Pasolini svolgerà un’operazione simile traducendo il Miles gloriosus di Plauto in un romanesco da avanspettacolo: il Vantone, infatti, è il risultato di un complesso filtraggio del dialetto realizzato per mezzo di strumenti teatrali. Ciò che leggiamo nella resa pasoliniana è né più né meno che una lingua pensata e progettata per il teatro, per l’avanspettacolo.
L’attenzione rivolta da Fallani alle voci di Ragazzi di vita, al complesso e intricato sovrapporsi di voce autoriale e voci ‘popolari’ dei ragazzi, alla mescolanza ambigua e affascinante fra pensiero colto e pensieri più ‘istintivi’ dei protagonisti (come se Pasolini, assistendo a mille chiacchierate fra ragazzi sottoproletari, avesse voluto restituirle sulle sue pagine con la sua mente mossa dal grande amore che provava per loro, schierandosi sempre dalla loro parte) nonché alla complessa stratificazione dell’opera, mi sembra uno dei (molti) punti di forza di questo lavoro. La voce dei sottoproletari, una voce che quasi diviene corpo essa stessa, è infatti assai importante nel libro: non dobbiamo dimenticare che in Ragazzi di vita i giovani protagonisti si esprimono spesso per mezzo delle canzoni popolari, inserite nel testo sotto forma di lacerti poetici (in questo modo, il romanzo si presenta come un interessante prosimetro, una delle caratteristiche di matrice menippea riscontrabili non solo nel romanzo in questione ma nell’intera opera pasoliniana). Il canto si trasforma in grido, si trasforma in puro suono (come quel suono che “arava col suo rombo l’orizzonte” che chiude il romanzo o “l’urlo pazzo di dolore” della scavatrice nella poesia Il pianto della scavatrice, da Le ceneri di Gramsci) e, in definitiva, si trasforma in corpo. Perché la dimensione fisica e corporea è di estrema importanza in Ragazzi di vita come in pressoché tutte le opere di Pasolini, dalle poesie alla narrativa fino al teatro e al cinema. I corpi ‘picareschi’ dei ragazzi – che, nella loro diversità e pluralità, costituiscono essi stessi un unico corpo – si uniscono a uno sfondo anch’esso corporeo: la città di Roma, con le sue borgate e i suoi quartieri che nascono e crescono insieme ai ragazzi (ad esempio, l’età del Caciotta viene assimilata a quella dei quartieri di periferia, che serve come punto di riferimento per determinare gli anni dei personaggi), gli sfondi e i panorami che, quasi apparizioni apocalittiche, si aprono come baratri all’orizzonte, oggetto di descrizioni contemporaneamente estetizzanti e realistiche. Ed è proprio sulla complessità e sulla connessione e ibridazione di tanti corpi che lo studio di Fallani offre diversi spunti inediti e interessanti.

Paolo Lago


A cinquant’anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini, la sua voce continua a rappresentare, nel miglior modo possibile, le periferie del mondo.
Ragazzi di vita, in questo senso, rappresenta una delle sue opere più vive e scandalosamente attuali: un af-fresco di borgate, povertà e innocenza bruciata, in cui le vicende sono tanto frammentate quanto le voci – e le vite – dei personaggi.
Questo libro sembra esser nato esat-tamente per farci riflettere su come il mondo di oggi sia in parte cambiato e in parte immutato. Le crepe del realismo, infatti, sono più presenti che mai e le figure marginali descritte dal gran-e regista e scrittore risultano contemporanee.
Analizzare Ragazzi di vita, come ha fatto Fallani, da un punto di vista concettuale, narratologico e stilistico, significa interrogarsi su chi siamo diventati: sulle nostre città, sui nostri ragazzi e sul bisogno sempre urgente di uno sguardo capace di vedere oltre la superficie.
Possiamo quindi vivere questo libro come un omaggio, ma anche come un dialogo, da autore ad autore, in onore dell’anniversario di un artista che è stato in grado di trasformare la decadenza in arte.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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