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9788889971192 Minto Antonio, Populonia. La necropoli arcaica, p. 169 ill. € 18,00 Bross., Bib di storia (Reprints) n. 2 2007.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Populonia. La necropoli arcaica

.L’antica Populonia sorgeva a nord del promontorio montuoso di Piombino, e di essa rimane il nome nel castello abitato, che domina dall’alto (m. 179) 1’imbocco nord del Canale dell’Elba.
Oggigiorno una estesa pianura, bonificata e fertilmente coltivata, costituisce come il largo istmo dì una penisola che, accollata ai monti Metalliferi, si protende verso l’isola d’Elba. La conformazione orografica del territorio doveva anticamente essere diversa, e, sotto certi aspetti, somigliare a. quella del promontorio dell’Argentario: un’isola primitiva, staccata dal continente, che, nel corso dei secoli, le alluvioni del fiume (Cornia e degli altri corsi d’acqua hanno congiunto alla terra ferma, formando una sottile lingua sabbiosa e distinguendo due golfi, successivamente sbarrati da tomboli verso il mare, e trasformati in due bacini lacustri1. Il territorio dell’antica Populonia doveva avere presso a poco quest’ultima configurazione, che del resto è quella rimasta fino a poco tempo fa, prima cioè dell’opera di bonifica. I due bacini lacustri si vedono ancora indicati nelle più vecchie carte del territorio a nord quello di Rimigliano, tra la Fossa Calda ed il Biferno; a sud lo Stagno di Piombino già aperto dal lato del mare, e nel quale poi impaludarono le acque del fiume Cornia.
Sembra che agli antichi dovesse riuscire cosa assai strana che una città etrusca fosse ubicata, sul litorale: infatti tanto Plinio quanto Strabone insistono nello specificare la posizione sul mare di Populonia. Strabone la descrive: vicino al mare, sull’alto dei poggi, come poeticamente pure la descrive Rutilio Namaziano«praesidium terris indiciumque fretis», con il piccolo seno naturale, circoscritto verso la pianura da colline, valido e sicuro rifugio ai naviganti nel procelloso canale dell’Elba (Tav. I, 1-4). La tradizione storica sulle origini di Populonia è contenuta in quel notissimo passo di Servio (Comm. in VERG., Aen. X, 172) che ha offerto argomento ad ampie discussioni agli storici e agli archeologi: «Quidam Populoniam post XII populos in Etruria constituitos, populum ex insula Corsica in ltaliam venisse condidisse dicunt: alii Populoniam Volaterranorum coloniam tradunt, alii Volaterranos Corsis eripuisse dicunt».
Queste diverse versioni sono tutte leggendarie; ma scorgiamo in esse riflessi i più antichi rapporti commerciali marittimi, i quali determinarono il sorger del porto di Populonia, che fu l’emporio dei Volterrani, ben presto in contrasto con le prime fattorie focesi, stabilitesi nella Corsica per tentare la conquista del monopolio dell’ industria siderurgica dell’Elba. In queste leggende delle origini risulta però chiaramente che l’importanza di Populonia è posteriore alla più antica unione federale etrusca, e che il suo territorio, doveva rientrare nei primordi sotto l’egemonia dei Volterrani; da questa più tardi i Populoniesi riuscirono ad emanciparsi, quando con il fiorire dell’industria siderurgica gli interessi commerciali si sono estesi agli altri centri della federazione etrusca.

Così soltanto successivamente Populonia poté divenire autonoma e membro indipendente nella dodecapoli. A contraddire le origini straniere di Populonia stanno l’etimo del nome e le scoperte archeologiche.
Il nome di Populonia è indubbiamente etrusco: la forma etrusca Pupluna è data però solo dalle tarde iscrizioni monetali dei didrammi d’argento di tipo siracusano del IV secolo, e dei sestanti di bronzo che portano i caratteri stilistici e ponderali del III secolo; la troviamo inoltre in sigla abbreviata Pupl., graffita su frammenti di vasi fittili del periodo etrusco più tardo. Essa corrisponde alla forma greca Poplènion ed a quelle latine Populonium Populonia .Il Bormann ed il Nissen sull’autorità dei testi letterari hanno sostenuto la grafia al singolare Popu1onium-Populonia; altri, come il Solari sono proclivi ad ammettere una forma originaria al plurale Populonii similmente ad altre città più antiche della dodecapoli. Ma tutto, ciò è rimasto nella serie delle belle congetture, alla stessa guisa della proposta forma più antica Fufluna da Fufluns, il dio etrusco della vite, corrispondente a Dionysos che non possiamo documentare.
In particolar modo a distruggere le versioni della tarda origine di Populonia hanno concorso le scoperte archeologiche di questi ultimi anni, che offrono documenti più sicuri dell’esistenza di un antichissimo centro abitato. Anzitutto i ritrovamenti fatti, sulle colline che circondano il Golfo di Baratti, di oggetti di pietra levigata (accette di giadeite, cuspidi di freccia e di giavellotto in selce) fanno pensare all’esistenza di antiche stazioni dell’età eneolitica.
Ma prescindendo anche da tali scoperte sporadiche, i due vasti sepolcreti, rinvenuti nelle zone delle Granate e di San Cerbone, vengono con i loro corredi funebri a gettare una luce del tutto nuova sulla primitiva storia di Populonia.
Esaminando i materiali delle tombe di cremati, a pozzetto od a buca, e di inumati a fossa più antiche, questi ci riportano in piena civiltà villanoviana: la forma delle tombe, la tipologia dello suppellettili, gli elementi decorativi che in esse si riscontrano, offrono nel complesso, anche rispetto alle concomitanze, un perfetto riscontro con le altre necropoli coeve dell’Etruria, e principalmente con le viciniori di Volterra e di Vetulonia.
Più interessante riesce l’esame dei corredi funebri delle tombe costruttive a camera, di vario tipo architettonico, che appartengono a periodi successivi, conservando le più antiche i caratteri della civiltà villanoviana, manifestando le altre i primi contatti con la civiltà protogreca orientalizzante: queste ultime contengono nei corredi prodotti nuovi di forme, di tecnica, di stile, imitati ed assorbiti poi dall’industria locale, che ci pongono sott'occhio lo sviluppo, e la trasformazione graduale, che ha subìto la civiltà primitiva al contatto di questi elementi nuovi di civiltà venuti dal di fuori.
Tali prodotti segnano il primo inizio di una attività commerciale del porto di Populonia, al contatto con i più antichi popoli marinari della Grecia.

 


  Nella circostanza del nuovo ordinamento, compiuto grazie all'iniziativa del prof. L. Pernier, delle antichità appartenenti ai Populonienses nella sezione topografica del R. Museo Archeologico di Firenze, ho creduto opportuno ed utile raccogliere insieme i risultati delle scoperte, fatte in questi ultimi anni, che si riferiscono alla necropoli arcaica di Populonia.
La presente memoria potrà a qualcuno sembrare prematura, mentre gli scavi continuano nell'agro populoniese ed offrono documenti archeologici sempre nuovi ed interessanti, che gettano luce sul primitivo periodo di civiltà di questo importante centro marittimo dell'Etruria. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che i lavori di sintesi, che non sono del resto mai superflui, in determinate circostanze divengono necessari. Gli scavi effettuati nel territorio di Populonia in quest'ultimo decennio, per varie difficoltà che sarebbe lungo e fuor di luogo enumerare, non hanno potuto susseguirsi con una certa regolarità. Le relazioni delle scoperte, redatte in forma riassuntiva per le Notizie degli Scavi, abbracciano trovamenti di diverse epoche di civiltà, che così dispersi è difficile raccogliere per poter avere una esatta visione di ciascun periodo.
Allo stato presente delle ricerche, se pur non è possibile effettuare un'opera completa di sintesi che comprenda tutto lo svolgimento dei periodi successivi di civiltà che si sono sovrapposti, e ciò per le molteplici lacune che rimangono da colmare, è possibile tuttavia una sintesi parziale per il periodo più antico, che è quello più interessante poichè riguarda il problema delle origini di Populonia.
Attraverso la città dei morti noi tenteremo di ricostruire quella dei vivi: la necropoli più antica testimonia in Populonia un centro abitato antichissimo, contrariamente alla tradizione storica delle tarde origini della città. Le tombe primitive di cremati e di inumati rispecchiano nelle loro suppellettili la pura civiltà italica, così detta di Villanova; le tombe del periodo successivo, in particolar modo quelle costruttive a camera, manifestano i primi contatti con la civiltà protogreca orientalizzante.
Tutti gli studiosi dei problemi, che avvolgono ancora nel mistero le origini e lo sviluppo della civiltà etrusca, hanno riconosciuto l'importanza che può avere una esplorazione vasta e sistematica del territorio di Populonia. Data infatti la sua posizione sul mare essa deve avere subìto di buon'ora il benefico influsso dei primi contatti commerciali, nello scambio dei prodotti della ricca zona mineraria che la circonda, per i quali il suo porto divenne ben presto uno dei principali scali marittimi dell'Etruria.
Nel silenzio delle fonti storiche solo il piccone dello scavatore potrà apportare qualche documento sicuro, che valga a disvelare in qual modo dal primitivo villaggio villanoviano, agricolo e peschereccio, sia sorta la città commerciale ed industriale, determinare con quali popoli marinari si siano svolti i primi scambi, ed i successivi traffici, fonti di ricchezza, apportatori di quelle correnti di civiltà dal Mediterraneo orientale, e dalla Grecia continentale ed insulare, delle quali troviamo così importanti tracce nei corredi funebri della necropoli arcaica.
Con l'augurio che l'esplorazione archeologica dell'agro populoniese possa essere condotta con più larghi mezzi, come l'importanza del centro archeologico richiede, offro agli studiosi qui raccolte le scoperte finora compiute che si riferiscono alla fase più antica della vita di Populonia.
Mentre rinnovo i più vivi e sentiti ringraziamenti al Direttore del Museo Archeologico di Firenze, prof.L. Pernier, che questi ricchi e cospicui corredi di tombe dei Populonienses più antichi ha voluto raccogliere in una sala nuova e meglio illuminata del Museo Topografico dell'Etruria, sento il dovere altresì di segnalare pubblicamente la speciale benemerenza di alcuni miei valorosi collaboratori: del sig. Cesare Barlozzetti che ininterrottamente dal 1908 ha assistito agli
scavi, coadiuvandomi nelle fortunate ricerche; del sig. Guido Gatti, autore delle piante topografiche e dei disegni illustrativi, magistralmente eseguiti, di questa memoria; del sig. Pilade Chiari che, con opera paziente e rara abilità di restauro, ha saputo ritrarre dai frammenti più minuti tanti preziosi oggetti.

Antonio Minto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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