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9788866150695

PRIME LUCI p. 92 ill., € 12,00 A 5 Bross. CollanaNuovi autori n.25 2013.

 

 

 

 

 

 

 

PRIME LUCI
«La famiglia Poli viveva del lavoro che il padre Franco svolgeva nella grande e fumosa fabbrica. La madre Maria accudiva alle faccende di casa e Corrado era uno studente di quattordici anni.
Abitavano al primo piano del primo palazzo a destra, per chi guardava la borgata dalla strada asfaltata che, partendo dal paese sul promontorio, sfiorava dopo circa un chilometro la borgata e continuava fino a congiungersi con la statale dopo aver superato una piccola collina ed i campi sparsi intorno a poche case di contadini. La borgata era composta di due file di palazzi squadrati come blocchi d’arenaria giallastra, senza tenerezze e senza fantasia. Dalle finestre dei primi due si poteva vedere il vicino stabilimento, poi il mare e la costa opposta del golfo...
«La spiaggia era di finissima sabbia chiara, pulita, quasi incontaminata a fine maggio, quando le famiglie aspettavano l’estate per dare il via al cambiamento delle loro abitudini giornaliere. L’inizio dell’estate coincideva più o meno con la fine dell’anno scolastico e con l’esplosione di gioia dei ragazzi avidi di mare, di sole e di divertimenti.»

 

E' la storia di Corrado medico di una piccola cittadina che sogna un mondo diverso, e per questo, combatte giorno per giorno portandosi dietro un sogno, un grande sogno che riguarda l'Africa i suoi abitanti e il suo deserto...
Una storia dove anche l'amore tra lui e Olga trovano un posto importante per sognare e sperare.

Erano i tempi in cui si valorizzava più un Camus che un Sartre, i tempi in cui si ritardava il premio Nobel ad Ungaretti. Erano i tempi del cannibalismo politico, i tempi in cui era permesso rubare, assassinare ed essere mafiosi. In alto si parlava falsamente di democrazia e di giustizia mentre il Grande Falco moriva con sua moglie, sulla strada, per ordine della cupola. E non era la cupola di San Pietro, perché il Papa era in Africa e baciava i bimbi neri prima che morissero di fame. E morivano e continuarono a morire di fame.
Il mondo era un letamaio nel quale si sviluppavano malattie prima sconosciute e che stranamente colpivano i ricchi invece dei poveri e la Morte abbracciava i giovani invece dei vecchi. Le suore giovani e carine non potevano frequentare i loro compagni sacerdoti e questi non bevevano più il sangue di Cristo, ma Martini Dry con gin e due gocce di limone.
Un cambiamento genetico differenziava i bimbi poveri da quelli ricchi: i primi avevano un occhio da bimbo triste e l’altro da uomo maturo, già provato dalla vita e silenziosamente incazzato. I bimbi ricchi avevano gli occhi azzurri come il mare, profondi di future gioie e brillanti di spensieratezza.
I giullari della televisione avevano stancato la gente con le loro fantasie, critiche, verità, mode. C’era sempre meno da scoprire nei meandri dell’immaginario ed in silenzio si sperava, seppur con timore, nella morte, per un mondo migliore.
Era il tempo in cui si dava un’età all’amore, che non aveva mai avuto età, era il tempo del razzismo generazionale: i giovani contro gli adulti e gli adulti contro gli anziani. Non si riusciva a dar vita ad un movimento in senso inverso ed il disprezzo non lasciava mai il posto alla comprensione.

 

 

 

 

 

 

 
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