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GENOVA E GLI ULTIMI APPIANI, LA SPEDIZIONE DEI LOMELLINO CONTRO IL PRINCIPATO DI PIOMBINO,
LA MORTE DI ALESSANDRO APPIANI PRINCIPE DI PIOMBINO

Onorato Pastine, Renato Piattoli, Teresa Smali
pp. 118 anno 2022 € 15 ill. B/N
EAN 9788866152439
Collana Bibioteca di Storia n. 30
Riteniamo utile pubblicare qui integralmente tre documenti poco conosciuti sulla storia di Piombino, proseguendo il nostro scopo editoriale di pubblicare e ripubblicare opere concernenti la nostra città, da un passato poco conosciuto ma che inizia ben molti secoli fa con Populonia e, poi, con lo Stato e Principato di Piombino che è stato al centro di tutte le più importanti vicende dell'Europa. Ma purtroppo Piombino è stata depredata, come Populonia dei suoi monumenti e dei suoi archivi impoverendola della sua illustre memoria. Nostro scopo, come lo era quello di Ivan Tognarini, è quello
di cercare di recuperare queste testimonianze da mettere a disposizione delle giovani leve di storici e, ridare dignità ed onore alla nostra città per promuovere un brillante futuro, come giustamente merita.

 

 

 

 

GENOVA E GLI ULTIMI APPIANI, LA SPEDIZIONE DEI LOMELLINO CONTRO IL PRINCIPATO DI PIOMBINO,
LA MORTE DI ALESSANDRO APPIANI


Verso le terre della Lunigiana e della Versilia la repubblica di Genova svolse un azione secolare di penetrazione inmantagonismo con Pisa, Lucca e specialmente Firenze che, stabilitasi nel XV secolo in Val di Magra, osteggiò sempre le ambiziose aspirazioni genovesi, arginandone ogni tentativo di espansione in quelle parti. E anche verso altri punti della Toscana, che presentavano particolare interesse marittimo, si rivolgeva l'attenzione della repubblica di S. Giorgio. Così, fra il XV e il XVI secolo,essa tenne, perdette e vanamente tentò di ricuperare Livorno, quasi prevedendo il fortunato sviluppo a cui era destinato il piccolo scalo toscano; così non allontanò mai del tutto il vigile sguardo dalle sorti di Piombino e dell'isola d'Elba.
E come nel principato poi ducato di Massa e la famiglia ligure dei Cibo valse mantenere con la repubblica quei rapporti amichevoli, che certo favorirono più tardi il tentativo d'acquisto del piccolo Stato, fatto al principio del settecento con la condiscendenza dell'ultimo principe di quel casato. Il duca Alderano; così i Genovesi, attraverso le parentele strette dagli Appiani con la nobiltà Dominante, ebbero agio d intromettersi più o meno direttamente ed efficacemente nelle faccende dello Statoì piombinese, cercando, finché almeno fu loro possibile, di controbilanciare e neutralizzare l'influenzafiorentina, sempre attiva ed ostile


La spedizione genovese, dei Lomellino per quanto sia stata preparata ed eseguita da cittadini privati, non per questo è da considerarsi senza connessioni colle vicende politiche, che allora si svolgevano. Mentre i suoi organizzatori presero lo spunto della fiera rivalità tra genovesi e catalani, che manifestavasi in atroce, continua guerra sui mari, essa venne ad entrare nel quadro della lotta senza quartiere tra la repubblica di Firenze e Gian Galeazzo Visconti per l'egemonia nell'Italia di mezzo [...].Le vie principali potevano essere bloccate non appena fosse giunto l'istante propizio. Soltanto il lontano e malagevole porto di Piombino signoreggiato da Gherardo d'Appiano sarebbe, forse, rimasto praticabile ai mercanti fiorentini; forse perché il principe era troppo debole per resistere ad un invito del Visconti a chiudere il suo porto. A ogni modo, anche astraendo da altre considerazioni che vedremo, non sarebbe stato disutile il premunirsi anche da questo lato di secondaria importanza. Di qui l'astuta mossa del Visconti contro l'Appiano... (R. Piattoli)


Sulle circostanze che precedono e accompagnano l'assassinio di Alessandro Appiani Principedi Piombino, esiste ancora molta incertezza. Le fila della congiura, il movente, i particolari del reato, le persone stesse dei congiurati non furono posti in quella chiarezza di luce, che sarebbe desiderabile nella narrazione di un avvenimento storico, il quale, sebbene di secondaria importanza, serve ad aggiungere una linea, sia pur sottile, ma fedele, al gran quadro della vita italiana del Cinquecento. Ora noi ci proponiamo, coi documenti qui annessi, prima, di accertare le questioni fino ad oggi rimaste insolute o affatto trascurate; secondo, dar valore d'affermazione a quelle non dubbie e soddisfare il legittimo desiderio, inspirato ad imparzialità storica, di trascinar quei complici, che si tennero nascosti nel retroscena, al pieno chiarore della ribalta. Ci indusse a questo lavoro, che potrebbe parere ed essere di rivendicazione, la buona sorte di possedere, ceduti dalla rara gentilezza di un amico, che li aveva copiati dagli archivi di Firenze, i quattro documenti in materia; aggiungi la poca notorietà dell'argomento. Ed abbiamo per le mani gli elementi di un vero dramma, fortunatamente ancora non sfruttato dal romanziere e dal drammaturgo. Condizione favorevole a ricostruire il fatto senza il pericolo di obbedire a preconcetti o simpatie; reintegrando tal quale è, liberi da influenze rettoriche, sulla guida unica e inoppugnabile del documento storico. Prima di citarne la testimonianza, sarà bene delineare brevemente, sotto gli aspetti più noti, la figura di questo Principe e i tristi casi che lo concernono... (T. Smali.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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