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978888971987 Giallauria Raffaele, Piu' altare meno trono, p. 112 € 12,00 Bross., Nuovi autori n. 15 2011.
 Raffaele Giallauria ha publicato: Senilità e vita, carisma e dono, Ed. Laurenziana, 1989; Viaggio facile. Rientro difficile, Ed. Laurenziana 1991; Geriatria riabilitativa, Idelson 1988; Per voce mia tu sei me soltanto, Ler 2000; Alla ricerca dei valori perduti Guida 2006; Fuoco e Cenere, La Bancarella Editrice 2008.

PIU' ALTARE MENO TRONO "Auri Satanica fames"

 

Unti per aprire sfolgorantitabernacoli,.

Non per serrare sofisticate casseforti.

 

L’economia ? come qualche buon letterato inascoltato aveva profetizzato ? ha preso il sopravvento su ogni altro aspetto della vita civile, una economia, tra l’altro, traballante, che condiziona direttamente la politica, e non viceversa, come ingenuamente un tempo si riteneva.
Tutto ruota così intorno a questo moloch, rinnovando la condanna biblica di Sodoma e Gomorra, non a caso, quest’ultimo,titolo di un libro napoletano e nazionale di grande successo.
Risulta estremamente impervio ed improbabile arginare l’alluvione di questi due poteri, che ne investono altri, primo fra tutti, secondo l’Autore, quello religioso, che, dopo il pontificato di uomini santi, continua a vivere difficili momenti, soprattutto per la scissione di personaggi, che si sono imposti come capi di movimenti misticheggianti, che confermano un’altra felice intuizione di Scrittori non solo novecenteschi, secondo i quali il mito è spesso più forte di ogni ragione e può essere causa di guerre e cataclismi morali senza fine.

Raffaele Gialluria ancora una volta colpisce nel segno. Una forte denuncia contro l'ipocrisia del potere e un appello a tutti gli uomini di buona volontà. ( F. D'episcopo, critico letterario)

 

 

9788889971406 Giallauria Raffaele, Fuoco e cenere, p. 140 € 20,00 Bross., Nuovi autori n.8 2008.
 
Fuoco e cenere.

 

Raffaele Giallauria, forte di esperienze critiche, che congiungono Scienza (nello specifico Medicina) e impegno etico, filosofico, teologico, sulla scia di una vita particolarmente ricca di fatti e personaggi, sente di dover recare il proprio contributo, onestamente intellettuale, emotivamente ed esteticamente letterario, a un tema che, soprattutto negli ultimi anni, sta dividendo l’opinione pubblica mondiale, determinando scelte politiche e istituzionali profondamente diversificate. Il motivo della cosiddetta diversità sessuale, in particolare della omosessualità, viene analizzato nella sua scientificità medica ma anche nelle sue risultanze bioetiche, come espressione di un eros, ricondotto alla sua radice di Amore, secondo una dimensione esistenziale, che strettamente si congiunge a quella letteraria, determinando così la bigamia del Dolore. I costanti riferimenti a una classicità, consapevolmente attraversata e sentita, rinviano il problema all’antichità, alla primitività, e il tutto trova la sua ambientazione più consentanea nell’Isola di Capri, anche sull’onda di conosciute esperienze novecentesche, cariche di rimandi neodecadenti (si pensi alla storia di Fersen). L’esultanza della natura accompagna l’espressione di un eros traboccante, fatto di passione, gelosia, di mancanza ma anche di intensa e intima presenza. Da attento analista, il professore, nel romanzo, che si sospetta doversi identificare con l’autore, mostra una estrema conoscenza delle pulsioni biologiche di un eros che, proprio mentre viene ricondotto a una condizione di diversità, sembra rivendicare una sua traboccante naturalità. Giallauria, comunque, non scade mai nella volgarità; da Medico e Filosofo, egli mira a dare alla recherche, che in Lettera-tura ha modo di esprimersi con maggiore dionisicità e tragicità, un profondo contenuto etico, ma anche e soprattutto sociale, persuaso che molti problemi della nostra convivenza restano sulla soglia dell’attesa, perché non si conoscono e approfondiscono sufficientemente e non possono, di conseguenza, essere risolti adeguatamente. Di qui questo suo aperto atto di coraggio e consapevolezza, questo suo uscire allo scoperto, nella piena maturità di una vita e di una professione, che questi aspetti hanno necessariamente contemplato. Le ardenti e tragiche storie dei personaggi principali di questo romanzo, come di altri, che lo contornano e suggellano, faranno certamente discutere, ma anche, speriamo, riflettere sul Destino, che all’uomo è assegnato e che non sempre corrisponde alle sue aspettative. A questo elemento, imperscrutabile ed interrogante, come in una tragedia greca, soggiacciono le vite di uomini condannati bigamente all’Amore e al Dolore.

Francesco D’Episcopo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Come in America...
Unracconto omaggio per i Lettori...

  

NAPOLEONE

Mio padre era un tipo particolare, alcuni dicevano artistico.
Mi ricordo di quella volta che decise d’andare a fare un provino per un film, che giravano nella nostra zona.
Mi disse se volevo parteciparvi anch’io, ma la mia timidezza era tanta che rifiutai subito, senza possibilità d’appello.
Talvolta, per questa ragione, affermava che ero un po’ scorbutico.
Mia madre era quella che guidava sempre la macchina, “il babbo è distratto”, sottolineava lei; fatto sta che andavamo in giro sempre al contrario, mamma alla guida e babbo al posto del navigatore.
Forse, ora che ripenso a quei tempi, posso dire con certezza che mio padre fosse un navigatore della vita nel senso più bello della parola, andava al di là delle convenzioni e si buttava a capofitto a coltivare le sue passioni.
Anche per questo, credo che mia madre lo ammirasse moltissimo.

Dicevano che in quel periodo della mia vita, quasi sei anni compiuti, fossi un bimbo estremamente polemico e con la voglia di mettere in discussione qualunque cosa, ma quel giorno dentro di me provai una certa emozione nel vedere mio padre spiccare tra tutta quella gente messa in fila in stato d’attesa: avevo l’idea che lui ce la potesse fare.

Noi aspettammo fuori.

Ogni tanto ci guardava, era una persona seria, intimava timore, però in fondo quando mi guardava, nei suoi occhi vedevo sempre un sorriso e questo mi faceva star bene.
Non so dire se fosse un bell’uomo da fare l’attore, come dicevano quando uno sembrava nato apposta per bucare lo schermo, però aveva molta mimica e sapeva recitare.

Mia madre, anche se consapevole che tutto questo era un divertimento, direi un gioco, era in ansia ed agitata.
Mai avrebbe montato un palco di un teatro o fatto una comparsa in un film, però le piaceva che mio padre riuscisse a farlo.

Dopo un certo tempo d’attesa decidemmo di andare a farci un giro: appena pronto ci avrebbe chiamato.

In quei minuti che passarono da quando lo lasciammo lì e tornammo a prenderlo la mia testa cominciò a navigare nell’immaginazione:
forse gli faranno fare la parte di un generale, forse addirittura di Napoleone, dal momento che, se non ricordo male, il film era ambientato nei primi dell’ottocento.

Per confonderci io e mia madre ci precipitammo a comprare un gelato e ci fermammo anche a guardare il mare.
Con lei vicina sarei andato in capo al mondo, era la mia forza e il mio motore che rallegrava le mie giornate.Talvolta la facevo arrabbiare, ma era più forte di me, io volevo essere uno spirito polemico e basta.

Finalmente l’ora d’attesa passò.
Tornammo alla sede del casting e come per magia, dal finestrino della macchina vidi uscire mio padre, “è già pronto, dai mamma sbrighiamoci!”, volevo sapere cosa fosse successo.

Noi eravamo arrivati e lui aveva appena finito il provino, una coincidenza perfetta.
Salì in macchina, sereno e un po’ divertito, però soddisfatto di quello che aveva fatto.
Io subito gli vomitati addosso una valanga di domande, su chi ci fosse, su cosa gli avessero affidato, ma non poteva saperlo ancora.
“Perché non sei venuto con me?” mi disse ancora una volta ed io mi azzittii subito un po’ scocciato, a lui sembrava tutto facile e semplice.

Nel viaggio di ritorno ci parlò della buffa gente che aveva incontrato. Così come sempre passò un bel pomeriggio d’estate, con la consapevolezza che mio padre sapeva, anche involontariamente, cancellare la noia che, eventualmente, avesse voluto far capolino anche in un giorno di luglio.

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