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PRECISAZIONI SULL’ EVOLUZIONISMO

 

Evoluzionismo non significa semplicemente che noi deriviamo dal mondo animale, con tutte le conseguenze materialistiche e sensistiche del caso; evoluzionismo non significa, come è stato affermato, “ stupido disegno “ né solo e soltanto casualità, come ben ci spiega R. Dawkins nella sua pubblicazione “ L’orologiaio cieco “.
Lo studio attento dell’evoluzionismo implica piuttosto un invito per l’uomo ad uscire dalla superficialità, un invito a stupirci di fronte alla vita, ad approfondire il reale e ad approfondire noi stessi; questo ci insegna la scienza, man mano che procede nello studio dell’universo e dell’evoluzione.
I maggiori scienziati, credenti e non, ci danno testimonianza di questo. A tale proposito basta ripensare alla famosa frase di Einstein “ Dio non gioca a dadi “ o a quanto affermato da Gerard Staguhn nel suo “ Breve storia del cosmo “, in cui, riferendosi alla meraviglia espressa da Einstein di fronte all’universo, scrive. “ … per Einstein, come per tutti i grandi fisici che lo hanno preceduto, … la natura ha un’armonia interna sorprendente, che si può descrivere attraverso leggi naturali sempre più esatte e profonde. Per lui la ricerca scientifica era la rivelazione di una ragione superiore che è all’opera nell’intero universo, … . Rendersi conto di questo fatto e contemplarlo con venerazione era secondo Einstein la vera religiosità “.
Oppure basti pensare a quanto scrive R. Dawkins nel suo “ Arcobaleno della vita “: qui lo scienziato, che si definisce tutt’altro che credente, afferma che apprendere la realtà per gradi anziché scoprirla in un colpo solo “ non ci impedisce di trovare in essa infinita meraviglia. Eppure c’è tanta gente che resta indifferente e non prova meraviglia di fronte a tanta bellezza, né si reputa fortunato di esistere “.
Dunque evoluzionismo significa riscoperta di valori, non ultimo significa riscoperta dell’uomo e della natura: quest’ultima, infatti, non va più intesa come un oggetto nelle nostre mani di cui servirsi a proprio vantaggio e piacimento, ma una realtà vivente della quale noi siamo parte integrante e dalla cui sopravvivenza dipende la nostra stessa vita. L’uomo non è più il “ centro dell’universo “, come erroneamente l’Umanesimo aveva scoperto, ma una parte di esso, anche se la più evoluta, quella in cui l’intelligenza ha trovato la sua maggiore espressione fino a questo momento dell’evoluzione della vita.

 

Rita Gherghi



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Cocculaio e il Mugnaio.

Nel periodo estivo, verso il sol leone, il ginepro aveva le sue bacche rosse e celestine, pronte per essere raccolte.
Diverse persone partivano di buon’ora per le zone del seggianese o anche di Roccabelgna per coglierle: ogni raccoglitore, munito di un bastone, batteva sui rami e le bacche cadevano dentro un corbelletto che era collocato sotto. Passavano da un ginepro all’altro, interrompendosi solo per mettersi qualche cosa sotto i denti.
Non era raro che tale battitura disturbasse una vipera, che reagiva secondo suo costume, all’improvviso.
Queste bacche erano molto ricercate e pagate bene perché servivano nella medicina, nelle distillerie per fare il Gin e nella gastronomia.
Venivano a ritirarle dei mercanti da Montalcino o da Vivo d’Orcia e, come è loro costume, cercavano sempre di evidenziare difetti nel prodotto per pagarlo di meno.
Un altro mestiere ormai scomparso dalle nostre parti è il Mugnaio.
E sì che abbondavano nelle varie zone!
Costruiti in riva ai torrenti o vicino ad una sorgente, i mulini sfruttavano l’acqua per produrre l’energia necessaria al movimento delle macine.
Da ricordare in Casteldelpiano il mulino della Sansina, il Mulinaccio, il Mulino delle Conce che presto andò ad elettricità, come quello alla Casella del Corsini; ma è ricordato ed è tutt’ora imponente in paese il Mulinone. Si ricordano anche il Mulino del ponte di Montegiovi, quello del ponte della Pieve di Lamula e quello della Lama, sulla strada che porta a Seggiano.
Mentre le macine giravano, il mugnaio faceva scorrere tra le tre dita della mano destra la farina che pioveva nel cassone, per giudicare se il lavoro procedeva bene.
Era sempre infarinato, come infarinato era tutto il locale e, naturalmente, l’aria che respirava gli intossicava i polmoni ed aveva sempre la gola infarinata.