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TRADIZIONI POPOLARI e AMBIENTE

 

Breve storia del territorio maremmano

Antichi insediamenti nel territorio grossetano

 

Dal punto di vista geografico oggi la Maremma si identifica soprattutto con la provincia di Grosseto nella quale, del resto, ricadono i 9 / 10 del territorio tradizionalmente concepito come tale. La Maremma storicamente soggetta, dal ‘200 in poi, alla influenza senese, “ si è andata raccogliendo intorno a Grosseto, divenutone nel ‘900 il vero capoluogo “.
E di questa Maremma si suole dire, a torto, che non ha tradizioni, che è povera di memorie. Niente di più falso. La Maremma in genere e quella grossetana in particolare è ricchissima di storia, di memorie, di cultura.
E’ una terra bellissima, a tratti selvaggia, e molti ce la invidiano e, una volta venuti qua, ben volentieri ci restano.
Di veri maremmani ce ne sono rimasti pochi, ma quei pochi si riconoscono dal quasi perfetto italiano del loro linguaggio e dal fisico, che riproduce le caratteristiche ( così racconta don Renzo Tredici ) degli antenati etruschi, di uomini robusti e sanguigni, con carattere deciso ed inflessibile. Purtroppo, invasori di tutte le razze antiche e moderne, contaminarono per secoli la discendenza vera degli Etruschi.

 

In effetti la storia della nostra terra inizia con la Preistoria, visto che insediamenti paleolitici e neolitici non sono assenti nei territori maremmani.
Ma la storia vera e propria comincia con gli Etruschi che dominarono queste terre fino a che i Romani non ne presero possesso. Le città dei vivi e le città dei morti dominarono le nostre colline e pianure e come non ricordare al proposito Vetulonia e Roselle che regnarono sull’antico lago Prile. I Rosellani raggiungevano le acque salmastre del lago tramite l’Ombrone che allora aveva un corso diverso dall’attuale e, una volta raggiunto il grande lago, prendevano la rotta per l’isola d’Elba, ricca di ferro.
Poi Roma, che già era stata soggiogata dal piede etrusco, prese la sua rivincita e il suo pesante giogo schiacciò necropoli, santuari e nobiltà etrusca.
Ma gli Etruschi non sparirono nel nulla; essi divennero parte integrante di Roma. La loro autonomia giuridica durò fino al I° sec. a.C., quando nel 90 fu deciso di dare la cittadinanza romana a chiunque facesse atto di sottomissione. Terminò così un’epoca storica.

In armonia fraterna Romani ed Etruschi costruirono le vie consolari: sorse così la via Aurelia nel 2 la Clodia nel 225. Durante il periodo imperiale, Etruschi e Romani costruirono grandiose e incantevoli ville nell’isola di Giannutri, a Talamone e anche a Roselle. Famosa quella dei Clodi sull’isola del lago Prile, vicino all’attuale Castiglione della Pescaia. Tutto era un fermento di vita, testimoniato oggi dagli scavi di Cosa ( Ansedonia ).


Nel V sec. d.C. la potenza di Roma è alla fine e il disgregamento dell’impero è prossimo; i Barbari attraversano le frontiere e nella Maremma le città si vanno spopolando, i terreni sono abbandonati, i fiumi formano paludi per la chiusura degli sbocchi al mare, la “ malaria “ si diffonde dalle acque putride che dilagano ovunque.
All’azione demolitrice del tempo si aggiunge la ferocia degli uomini, come quella operata dai Visigoti di Alarico, che dopo aver saccheggiato Roma, tornando verso la Gallia seminarono ovunque distruzione e desolazione.


In mezzo a questo sfacelo, chi si ammala di malaria diventa pallido e smunto, la pelle si attacca alle ossa. Si aggiunge il disordine morale, sociale e politico, la cultura è scarsissima, traffici e commerci sono morti, la miseria domina tutto e tutti.
Cosa accadeva in Maremma negli ultimi secoli prima del 1000 non si sa bene; al proposito parla solo la voce popolare con le sue leggende.
Storicamente si affermò il sistema delle contee e delle marche di frontiera, ove conti e marchesi raggiunsero un potere indiscriminato.
Nei primi secoli dopo il 1000 e anche prima sorsero molti castelli, alcuni dei quali, anche se sgretolati dal tempo, si vedono ancora.
Una fonte storica del 1240 ci presenta i maremmani decimati dalle razzie arabe e dalla malaria; poi sorse un nuovo flagello, cioè la dominazione senese. Da 1200 i Senesi si impadronirono di Grosseto e poco dopo di tutta la Maremma, a eccezione di Pitigliano. Così si trova scritto: “ Lo stato di decadenza della Maremma grossetano coincise con l’espansione senese e da quella dipese; le grandi tassazioni imposte per l’affitto ai coloni delle terre espropriate ed il progredire naturale della palude, determinarono un pauroso stato di abbandono “.
Come se ciò non bastasse, nel 1348 scoppiò la peste bubbonica, diffusa dai topi e dalle pulci. Fu un flagello per Siena e Firenze e soprattutto per la Maremma. Nei secoli successivi seguirono rapine, incendi e distruzioni da parte dei pirati turchi e delle compagnie di ventura.
In un tal clima di estrema povertà e disperazione fiorì il “ brigantaggio “; i briganti, nascosti nei boschi e nei forteti, assalivano e uccidevano maremmani e gente di passaggio. L’omicidio di un forestiero era solo punibile con la multa di 1000 lire. I reati restarono impuniti fino al 12 febbraio 1357 quando, il Consiglio Generale Senese deliberò la “ pena di morte “ per gli assassini.


Rinnovamento politico

IL bene della Maremma cominciò con i Medici, da quando Cosimo I vi fece la sua prima sosta nel 1559.
Da allora Grosseto fu circondata di mura, furono elevate dighe per proteggere la città dai periodici allagamenti. Furono anche iniziati i primi lavori di bonifica scavando il fosso di Molla Vecchia e per ripopolare le località furono anche inviate squadre di bresciani, istriani e friulani, anche se molti morirono di malaria.
Gli sforzi dei Medici furono tanti, ma c’era ancora molto da fare. Verso la metà del ‘700, alla morte del Granduca Gian Gastone ultimo di casa Medici, le cronache ci dicono che il lavoro da fare era ancora copioso: l’Ombrone straripava tutti gli anni, la palude di Castiglione della Pescaia si estendeva ancora verso la città con le sue acque infette, la Maremma restava desolazione e pianto.
La ripresa decisiva si compì con l’arrivo del Granduca Leopoldo II.
Egli ebbe modo di conoscere bene i problemi di questa terra visto che vi trascorreva lunghi periodi di tempo a caccia nella sua tenuta di Alberese. Pian pano concepì l’idea dell’interramento del lago di Castiglione. Diceva infatti: “ Il lago è un cadavere che bisogna seppellire per ridare vita e benessere a tutta la Maremma “. Nella sua mente nacque l’idea della bonifica e la portò avanti con ogni sforzo.
Leopoldo delegò l’ingegnere Alessandro Manetti; questo ultimo, riprendendo l’idea del matematico Pio Fantoni, progettò la deviazione del corso dell’Ombrone tramite un’opera di colmata e la costruzione del “ canale diversivo “ che doveva immettere tutta la portata dell’Ombrone nella palude di Castiglione.
Al canale progettato dal padre gesuita Leonardo Ximenes, ne furono aggiunti altri due, il S. Rocco e il S. Leopoldo che, comunicanti col mare, dovevano fare defluire le acque della palude.
Così il Granduca raggiunse per la Maremma grossetana due fondamentali obiettivi:
1)frenare la malaria
2)rendere coltivabili nuove terre.
La mente dell’uomo aveva prevalso sulle indomite forze della natura.

L’opera di bonifica fu portata a termine senza interruzioni, fino al 1935, dal regime fascista. Da allora la Maremma divenne ricca e produttiva con un’economia costantemente in progresso.
Quanto alla malaria, nel 1880 Leveran poté individuare i microrganismi nel sangue degli infetti: i responsabili plasmodi trasmessi dall’anofele. Fu allora diffuso l’uso del chinino di stato. Dopo quasi due millenni la letale malattia era vinta: due millenni per il fatto che si pensa che la malaria abbia fatto la sua prima comparsa circa 40 anni prima di Cristo.

(Allo scopo del presente articolo è stata consultata un’ampia documentazione, riguardante la storia della Maremma grossetana).

 

Rita Gherghi