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9788889971949

Zelli Aldo, Sinforiano gatto vegetariano, p. 182 Ril. 40 ill. Col. Mapak € 19,90 Rileg. Infanzia n. 5 2010.

 

  a richiesta è disponibile la versione in e-bok pdf Ordine E-book € 10,00

il mio arrivo in questo mondo

Permettete che mi presenti. Mi chiamo Sinforiano e sono un bel gatto. Tutto grigio perla, con le orecchie e la coda che danno sul marroncino, il ventre bianco e, chissà perché, la zampa anteriore destra curiosamente giallastra. Ho il pelame morbido e folto, ereditato da un mio remoto antenato che era un gatto d’Angora.
Nacqui qualche anno fa, in un cesta di foglie di palma: una cesta senza fondo che la padrona di casa aveva gettato via considerandola inservibile.
Questa cesta era andata a finire sotto una siepe di fico d’India.
La siepe delimitava un ampio giardino in mezzo al quale sorgeva la grande casa di Sceck Mansur ben Daud. Il giardino e la casa erano a circa tre chilometri da una bella cittadina della Tripolitania, chiamata Zavia.
Mia madre si chiamava Chitta che in lingua araba vuoi dire gatta, e veniva considerata un po’ ladra. Le malelingue dicevano che andasse rubacchiando in casa quanto di commestibile poteva trovare. Il che non è affatto vero. Erano tutte malignità messe in giro dagli altri animali del giardino, invidiosi del fatto che a mia madre non si richiedeva di portare some al mercato come il somarello, né di dare il latte come le mucche, né di deporre uova come le galline, né di fare la guardia e abbaiare come i cani.
Erano pure e semplici malignità, che tutti credevano però. Tant’è vero che se mia madre si azzardava ad affacciarsi all’uscio della cucina, tutti facevano a gara a tirarle sul groppone ciabatte e pezzi di legno, oltre alle ingiurie che nessuno le risparmiava.
«Timsci! Ya hanba. Barra! Ya chitta askarsusa», cioè: vattene! Ladra. Fuori! Gatta malandrina.
Invece mia madre, poverina, si nutriva di topi e di lucertole.
Persino di locuste quando non trovava di meglio. La giudicavano ladra perché un centinaio di volte, e non di più, spinta dalla fame, si era permessa di sbocconcellare un grammino di carne o di sorbire un uovo. Oh! Iniquità del prossimo! Dite voi se non erano tutte calunnie.
Nacqui come dicevo, in una cesta sfondata. Il che non è il luogo ideale per venire su questa terra. Nemmeno per un gatto.
Ma, evidentemente, mia madre non aveva trovato nulla di meglio.
Io poi non me ne accorsi neppure perché alla nascita avevo gli occhi chiusi, come i miei due fratelli e mia sorella del resto. Già, dimenticavo di dire che eravamo in quattro: tre gatti maschietti e una gatta femminuccia. Eravamo tutti graziosi, ma io, scusate l’immodestia lo ero più degli altri. Chiunque avrebbe facilmente capito che da adulto sarei stato quel bel gatto che in effetti sono.
Una cesta di foglie di palma sfondata, non è la culla ideale, nemmeno per una cucciolata di gatti, così la mia mamma decise di cambiare abitazione.
Nello stesso giardino, non troppo distante dalla siepe natale, c’era un antico limone, fronzuto e bizzarramente contorto.
Le sue radici si erano sollevate e avevano formato una tana dove una gallina della casa andava a deporvi le uova. Mia madre, astutamente, si aprì un varco dalla parta opposta e, presici per la collottola ad uno ad uno, ci sistemò, in un cantuccio della tana dove aveva trascinato uno straccio di lana. La sciocca gallina continuò per lungo tempo a deporre il suo uovo quotidiano e mia madre continuò per altrettanto tempo a nutrirsi di uova della giornata.
Mia madre aveva parecchie amicizie tra gli animali che popolavano il giardino di Sceck Mansur. Soprattutto era amica di Babbawa la cagna bianca e di Gattusa, un’altra gatta che non aveva né fissa dimora né fisso padrone. Pochi giorni dopo la nostra nascita, quando eravamo ancora nella cesta, le due vennero a visitarci. Noi avevamo già gli occhi aperti anche se camminavamo più sulla pancia che sulle zampe.
«Oh! Che amore di piccoli, mia diletta Chitta - esclamò tutta svenevole la grossa Babbawa - Mai visti gattini così belli».
E per dimostrare il suo entusiasmo tirò fuori la sua ampia lingua e distribuì leccate a dritta e mancina. A me ne toccò una proprio sul muso e sulla testa, e siccome il complimento non mi era piaciuto affatto, sfoderai le unghiette e mi ribellai.
Mia madre mi diede una zampata e mi rimproverò:
«Cattivo gattino! È così che si risponde alle gentilezze di zia Babbawa? Chiedile subito scusa».
In qual modo Babbawa mi fosse zia non riuscii a capirlo e aprii il muso per protestare. Ma la cortese cagna intervenne in mia difesa:
«Non picchiare il tuo meraviglioso gattino, mia cara!», disse a mia madre. E per consolarmi mi diede una seconda leccata più energica della prima: praticamente dalla testa alla coda.
«Sono graziosi davvero - ammise Gattusa dopo averci annusati - Devi però nutrirli bene, perché mi sembrano delicatini».
Babbawa la smentì con mille scuse.
«Delicatini? Che dici, cara Gattusa! Se mai sono obesi. Guarda che pancione hanno. Piuttosto Chitta dovrebbe rimpinzarli meno, altrimenti verranno grassi come un agnello a primavera».
«Che cosa è un agnello?» miagolò mia sorella.
«È il figlio della pecora», spiegò mia madre.
«E che cosa è la pecora?» chiesi io.
«La pecora è... la pecora è... già che cosa è la pecora?» domandò tutta imbarazzata Babbawa guardando le sue amiche.
«La pecora è la pecora - disse mia madre - e tu - continuò rivolgendosi a me - non fare il ficcanaso. Ti interesserai di pecore quando sarai grande. Mica devi fare il pastore, tu...».
Poi le tre amiche si accucciolarono presso la siepe per scambiare quattro chiacchiere. Gattusa disse che la cavalla Farass era una bestia sciocca perché viziava il suo puledro. Babbawa asserì che Himara l’asina era cocciuta. Mia madre che non amava il pettegolezzo, si limitò a dire che la padrona era una megera e che il padrone era un diavolo vestito da uomo.
Dopo pochi giorni, come dicevo, cambiammo casa e andammo ad abitare tra le radici del vecchio limone.

 
Aldo Zelli scrIttore piombinese d'adozione a cui è dedicata anche una strada di Piombino nacque ne L1918 ad Arezzo e morì a Piombino nel 1996. Ha vissuto 40 anni in Libia da dove ha tratto molto materiale per le sue storie e romanzi per ragazzi tra cui Kaslan , Lo Schiavo di Tunisi, Le storie di Abu Bakr, non dimenticandosi di scrivere anche libri di genere storico tra cui Diecimila anni fa, La stirpe di Horo, Sotto le insegne di Colombo, Schiava di Babilonia, Larthi principessa etrusca.
Molte alte storie e romanzi ha scritto Aldo anche per gli adulti. Ma i suoi preferiti sono stati sempre i bambini con cui amava dialogare spesso nelle sue presentazioni nelle scuole e nelle librerie. Ha collezionato molti premi ma soprattutto molta stima e un piccolo posto nel cuore di molti bambini ora adulti che ricordano con piacere le sue storie.
Aldo era anche molto amico di Enrico e Stefania della Libreria La Bancarella che ora ha chiuso; ma che continua come casa editrice a ricordarlo, iniziando a pubblicare queste suoi racconti pieni di fantasia non trascurando, come ha fatto sempre l'aspetto educativo e pedagogico della lettura.
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 ALTRI LIBRI dell'Autore
9788889971789 Zelli Aldo, La Carota ballerina ed altre storie per ragazzi, p. 120 ill. € 15,00 Bross. Infanzia n. 8 2010.
9788889971871 Zelli Aldo, Buffe storie di animali, p. 70 ill. € 9,00 Bross., Infanzia n. 6 2010.
9788889971765 Zelli Aldo, La Tartaruga a rotelle ed altre storie di animali, p. 124 ill. € 15,00 Bross. Infanzia n. 7 2010.
 

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